La settimana scorsa la Camera dei deputati ha approvato definitivamente il disegno di legge che prevede l'abolizione delle province. In realtà , in attesa della riforma del titolo V della Costituzione ,le Province non scompaiono, ma
si svuotano di competenze e si trasformano in enti territoriali di area
vasta di secondo grado, guidati da un presidente indicato dai sindaci e
dai consiglieri comunali della Provincia, il quale governa il territorio
con l’Assemblea dei sindaci e il nuovo Consiglio provinciale formato da
10 a 16 componenti scelti tra gli amministratori locali.
In poche parole i presidenti di Provincia non saranno più eletti dai
cittadini, ma indicati all’interno di una assemblea formata dai sindaci
dei Comuni del territorio di riferimento. Ad esempio, il futuro
presidente della Provincia di Caserta sarebbe scelto tra i sindaci dei
Comuni della zona e percepirebbe soltanto lo stipendio da sindaco.
Nulla cambia anche per gli impiegati provinciali, che rimarranno anche
loro negli attuali uffici. Insomma, le Province continueranno a esistere
sotto mentite spoglie e continueranno a essere guidate dalla politica,
solo senza l’elezione diretta degli organismi di vertice da parte dei
cittadini italiani!
Per quanto riguarda il relativo taglio dei costi della politica – che
deriverebbe da quella che sembra più un’operazione di facciata che di
sostanza – anche la Corte dei conti ha giudicato il ddl Delrio
“inefficace” !
Le competenze provinciali vengono trasferite a Regioni e Comuni, ad eccezione dell’edilizia scolastica , della pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente.
Fino al 2015 saranno rette da commissari. Fino a quando
non prenderanno vita i nuovi enti le Province saranno rette da
commissari (si tratterà degli attuali presidenti di Provincia che
cambieranno nome in commissari) in quanto non si voterà per le
rielezioni degli organi provinciali in scadenza nel 2014.
Il vero pilastro della riforma è la nascita delle città metropolitane.
A partire dal primo gennaio 2015: Napoli, Milano, Torino, Bari,
Bologna, Firenze, Genova, Venezia e Reggio Calabria (quest’ultima dal
2016) saranno i nuovi Comuni metropolitani. A questi va aggiunta Roma
Capitale, con poteri speciali. Dieci in tutto, per cominciare, a cui in
futuro si uniranno Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste (serve
un provvedimento delle Regioni a statuto speciale in cui ricadono). A
regime le nuove 15 grandi aree territoriali sostituiranno le Province in
termini territoriali. A guidarle sarà un sindaco metropolitano che, a
differenza dei presidenti delle “nuove Province” potrà anche essere
eletto, ma solo nel caso venga previsto da un’apposita legge. In caso
contrario, il presidente coinciderà con il sindaco della principale
città e non percepirà alcuna indennità aggiuntiva. La città
metropolitana avrà altri due organi: il consiglio metropolitano,
indicato dal sindaco, organo di indirizzo e controllo, e la conferenza
metropolitana, composta dai sindaci dei Comuni del territorio, che
delibererà lo statuto e avrà funzione consultiva sul bilancio.
Altra novità la disciplina delle Unioni dei Comuni che
diventerà più semplice, con due sole tipologie: quella per l’esercizio
associato facoltativo di funzioni specifiche e quello per l’esercizio
obbligatorio delle funzioni fondamentali. Per quest’ultima viene
confermato il limite demografico ordinario pari ad almeno 10.000
abitanti, ma viene abbassato per i soli comuni montani a 3.000, e viene
spostato il termine per l’adeguamento dei comuni all’obbligo di
esercizio associato delle funzioni fondamentali dal 1* gennaio al 31
dicembre 2014. E’ prevista la gratuita’ delle cariche negli organi delle
unioni di comuni ed e’ estesa l’applicabilita’ delle disposizioni in
materia di ineleggibilita’, incandidabilita’, incompatibilita’ e
inconferibilita’ relative ai comuni con popolazione superiore a 5.000
abitanti al primo mandato degli amministratori del comune nato dalla
fusione o delle unioni di comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti.
Per i piccoli Comuni in generale viene stabilito che per i Comuni con popolazione
fino a 3mila abitanti il consiglio comunale è composto, oltre che dal
sindaco, da dieci consiglieri e il numero massimo degli assessori è
stabilito in due; per i Comuni con popolazione superiore a 3mila e fino a
10mila abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal
sindaco, da dodici consiglieri e il numero massimo di assessori è
stabilito in quattro. Nelle giunte dei Comuni con popolazione superiore a
3mila abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in
misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico. Ai
sindaci dei Comuni con popolazione fino a 3mila è consentito un numero
massimo di tre mandati.
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