venerdì 31 luglio 2015

Il rapporto Svimez: Sud alla deriva

L'Italia è un Paese diviso e diseguale, dove il Sud è la deriva e scivola sempre più nell’arretramento con una crescita inesistente e le nascite al minimo da 150 anni.
È questa la drammatica fotografia contenuta nel Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno.
 
PEGGIO DELLA GRECIA
Nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%) e il Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, con il 53,7%.
Secondo il rapporto «dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%)».
In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi.
Lo scorso anno infatti quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Nel dettaglio a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno. A livello di regioni il divario tra la più ricca, Trentino Alto-Adige con oltre 37 mila euro, e la più povera, la Calabria con poco meno di 16 mila euro, è stato di quasi 22 mila euro, in crescita di 4 mila euro in un solo anno.
NON SI FANNO PIU' FIGLI.
 "Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l'Unità d'Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili", sono le parole del rapporto.
DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE 
 Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha infatti perso il 34,8% del proprio prodotto, contro un calo nazionale del 16,7% e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%), tanto che nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari al Sud solo all’8%, ben lontano dal 17,9% del Centro-Nord.
Dato che fa il paio con la caduta delle esportazioni che in nel Centro-Nord salgono del 3% e al Sud crollano del 4,8%. Ecco perché «il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente.
OCCUPATI, IL LIVELLO PIU’ BASSO DAL 1977 
 «Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat». «Tornare indietro ai livelli di quasi quarant’anni fa testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall’altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro» si legge nello studio che sottolinea come i 6 milioni siano anche una quota psicologica.
Il tasso di disoccupazione arriva nel 2014 al 12,7% in Italia, quale media tra il 9,5% del Centro-Nord e il 20,5% del Sud. Nel 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (133 mila), mentre il Sud ne ha persi 45 mila.
SULL’ORLO DELLA POVERTA’
Rimane il dato che tra il 2008 e il 2014 delle 811 mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro ben 576 mila sono residenti a Sud.
Situazione difficile in particolare per le donne che, tra i 15 e i 34 anni sono occupate al Sud solo una cinque.
Per quello che riguarda i giovani Svimez parla di una «frattura senza paragoni in Europa»: il Sud negli anni 2008-2014 ha perso 622 mila posti di lavoro tra gli under 34(-31,9%) e ne ha guadagnati 239 mila negli over 55, con un tasso di disoccupazione under 24 che raggiunge il 56%.
Questa situazione porta a credere che studiare non paghi più, «alimentando così una spirale di impoverimento del capitale umano, determinata da emigrazione, lunga permanenza in uno stato di disoccupazione e scoraggiamento a investire nella formazione avanzata». Tutto questo si riflette nel rischio povertà che coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord.
La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord.

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HANNO DETTO:

GIANNI RIOTTA, giornalista
I dati che ieri lo Svimez, storico centro studi sul Mezzogiorno, ha fornito, mi hanno lasciato senza fiato. Il lavoro nel Sud è ai livelli del 1977, quando io cercavo un'occupazione.
Le nascite sono declinate al livello di metà Ottocento, gli anni di Garibaldi, dei Mille e dell'Unità d'Italia. Ci sono 700.000 disoccupati in più dai giorni della crisi 2008, tra le donne la disoccupazione è più alta che in Grecia e, per dirla semplicemente, il nostro Mezzogiorno se fosse indipendente sarebbe nei guai assai più di Atene.
Poche aziende di eccellenza non bastano a risollevare un quadro fosco. Meno turisti che le Baleari, in Sicilia spesso meno che in un centro della Riviera Romagnola. La classe politica dirigente divisa, litigiosa, mediocre. I migliori giovani con la valigia appena possono verso il Nord, l'Europa, gli Usa, l'Australia. Nessuno parla di questa emergenza, in tv è difficile imporla, l'ex premier Romano Prodi dice "nessuno in Italia si commuove più per il Sud", come se ci fossimo tutti rassegnati, al Nord con scetticismo, al Sud con rabbia.
E tutto questo al netto della malavita organizzata che non cede di un pollice.
Di chi è la colpa? Spesso si ricordano le cause lontane, lo sfruttamento e la cupidigia dei Borboni, un Regno d'Italia che con i Savoia ha perpetuato la pratica neocoloniale, mancanza di risorse, l'emigrazione, arretratezza culturale, il logoro "familismo amorale" di Banfield (quando manca lo Stato, o è ostile, è naturale, al contrario di quel che credeva Banfield stringersi alla comunità più prossima, la famiglia: Grossman spiega che lo stesso accadeva nell'Urss di Stalin). Spesso si cita, a ragione, il freno velenoso imposto dalle mafie.
Eppure, dopo 70 anni di riforme agrarie, investimenti a pioggia da Roma e Bruxelles, welfare, assunzioni pubbliche, spesa ingente per infrastrutture che -come dimostra l'artista Andrea Maso nel suo studio su "Incompiuto siciliano" non vengono ultimate-, queste spiegazioni, scuse direbbe qualcuno, non bastano più.
 
ANTONIO POLITO,giornalista
Mentre salvavamo la Grecia, il Mezzogiorno d'Italia è uscito dall'Europa. E quel che è peggio è che non sembra fregare a nessuno.





sabato 18 luglio 2015

Guantanamera....
A leggere alcuni atti pubblicati sul sito Web del Comune sinceramente non sai cosa pensare. Mah!
Buon Week End, CALDO,  al ritmo di Zucchero


martedì 14 luglio 2015

I PARADOSSI ITALIANI
Risultati immagini per scritta inps immagineDue milioni di pensionati non arrivano a 500 euro al mese. Questa la drammatica situazione dei nostri anziani, riferita dal Presidente dell’Inps, che ha inoltre rilevato che altri 6 milioni e seicentomila non raggiungono i 1.000 euro.Ancor più drammatica sembra essere la situazione dei nostri giovani che secondo le proiezioni Inps avranno pensioni da miseria.
Intanto sulla rete sta girando la notizia  che la Regione Marche si appresterebbe  a pagare un milione e mezzo di euro di indennità di fine mandato agli ex consiglieri che a fine giugno hanno lasciato il parlamento regionale perchè non ricandidati o non rieletti. Si tratta di somme, da 35 mila euro lordi in su a seconda del numero di anni trascorsi sui banchi del Consiglio, paragonabili a quelle che ogni lavoratore riceve quando dopo quarant’anni va in pensione. Somme che per gli ex consiglieri regionali vanno ad aggiungersi al vitalizio che spetta loro (salvo rinuncia) dopo aver compiuto 60 anni di età.
Non c’è da meravigliarsi se poi la politica perde sempre più credibilità

sabato 11 luglio 2015

 LA TASSA OCCULTA DELLE FAMIGLIE CAMPANE
 di Giancristiano Desiderio

Risultati immagini per immagini soldiLa famiglia campana – un papà, una mamma, due bimbi, una casetta di proprietà – è la più tartassata d’Italia: paga ben 500 euro in più rispetto al resto d’Italia. Lo studio di Bankitalia, illustrato ieri da Paolo Grassi, è fin troppo preciso: su un reddito annuo di appena 43mila euro, se ne vanno per la tasse locali ben 2400. Le famiglie e le aziende della Campania, con piccole differenze tra le province, sono quelle che reggono un più alto carico di tributi locali. Infatti, negli ultimi anni il prelievo fiscale degli enti locali è cresciuto di ben 160 euro con uno stacco dalla media nazionale di oltre 50 euro. Insomma, in Campania si paga di più. Perché?
I motivi sono vari ma tra i tanti ce n’è uno prevalente. In Campania si paga una tassa occulta perché la stragrande maggioranza dei comuni è indebitata. Sono sempre di più i municipi che sono costretti a riconoscere debiti fuori bilancio o a dichiarare il dissesto finanziario nell’ultimo disperato e controllato tentativo di ripianare i debiti. In soldoni, le casse sono vuote e per garantire anche solo il pagamento degli stipendi degli impiegati comunali si rincarano le tasse di ogni ordine e grado: Tari, Tasi, addizionali varie, anche l’acqua. Tutto fa brodo ma il conto finale, che ricade principalmente sulle famiglie, è sempre più salato. Questa tassa occulta comunale è il frutto di un federalismo fiscale che nel Mezzogiorno – e in questo caso soprattutto in Campania – ha avuto un’applicazione perversa. Il principio federale applicato al fisco mirava a ridurre la distanza tra chi versa i soldi e chi li amministra. La riduzione della distanza avrebbe dovuto aumentare il controllo da parte dei cittadini e far crescere in responsabilità contabile gli amministratori. Il classico principio della responsabilità istituzionale. Sennonché, in Campania il principio di responsabilità è stato fin troppo facilmente capovolto nel principio di irresponsabilità e invece di aumentare controlli e coscienza civica sono salite vertiginosamente le tasse.
L’effetto perverso del federalismo fiscale in salsa meridionale forse lo si poteva prevedere: si poteva intuire che ciò che funziona in teoria non è detto che funzioni in pratica. La teoria dice che con il federalismo chi amministra male i soldi dei cittadini sarà sostituito, ma la pratica dimostra che chi gestisce male è confermato e anche quando si vorrebbe cambiare non sempre il cambiamento è possibile o migliore del peggio. Insomma, il federalismo fiscale in Campania è rimasto vittima della qualità clientelare della politica locale che al ricambio della classe digerente preferisce il ricorso alla leva fiscale. Un circolo vizioso che impoverisce le famiglie e aumenta la smobilitazione sociale: la nuova emigrazione.

tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 20 giugno 2015

mercoledì 8 luglio 2015

ACCADDE OGGI

8 Luglio 1978 Sandro Pertini viene eletto Presidente della Repubblica
25 settembre 1896 - Nasce Sandro Pertini, il 'presidente più amato dagli italiani' #AccaddeOggi http://t.co/QYCmkLgdCN

mercoledì 1 luglio 2015

Largo ai giovani se preparati e non già vecchi
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Pontelatone ha già dimostrato negli anni di essere restio al cambiamento, ma, anzi, di saper rigenerare (elezione ultima docet) i  sistemi di cattiva amministrazione, anche con la remissività di nuovi nomi e nuovi volti, sulla falsariga dei gattopardi che propongono il solito cambiamento di facciata.
Con l'esperienza di chi ha “vissuto” diverse legislature, so che il tasso di ringiovanimento del Consiglio Comunale quasi mai nel nostro paese è coinciso con l'innovazione del fare politica. I giovani consiglieri si sono subito lasciati plasmare dai vecchi ed adeguati al "sistema".
Non basta l'età anagrafica per essere giovani, e questo (specialmente) in politica è tanto più vero. Ci sono giovani che sono cresciuti all’ombra dei soliti furbacchioni acquisendo la loro stessa mentalità, la loro stessa “grettezza” politica, che a trent’anni li ha resi già vecchi.
Ho sempre creduto che nel governo di un paese, c'è sempre più bisogno di un numero crescente di giovani, i quali si devono porre l'ambizione di guidare le nostre comunità.
Sono convinto che un giovane amministratore abbia una percezione diversa del futuro: ovviamente questo aspetto deve essere legato fortemente al merito, alla preparazione.
Tra meno di un anno si vota e sono tanti i cittadini che sperano in un nuovo percorso politico-amministrativo per il paese; sono tanti coloro che si augurano che giovani seri e preparati si facciano carico di dare una svolta al paese ; sono anche tanti quelli che temono che i giovani, ancora una volta, si lascino irretire da false promesse, si lascino abbindolare dallo specchietto delle allodole di una candidatura o altro e questo a discapito, un'altra volta, del paese e di loro stessi che si auto-relegherebbero a complici e comprimari di persone che hanno espresso la peggiore politica degli ultimi anni, invece di rendersi protagonisti del cambiamento e del futuro di Pontelatone.
Speriamo che i giovani non cederanno alle lusinghe, ai canti delle sirene, non si lasceranno ingannare da persone capaci di promettere cieli e mari e che per tutto quello che hanno combinato dovrebbero avere almeno il pudore di restarsene a casa. (se non lo capiscono da soli, glielo facciano capire quelli che gli sono più vicini).

LA LETTERA SCRITTA DAI DOCENTI DEL LICEO ARTISTICO RUSSOLI DI PISA: “Siamo docenti del Liceo artistico Russoli di Pisa e oggi siamo rimasti...