venerdì 27 gennaio 2023

27 GENNAIO, IL GIORNO DELLA MEMORIA

 
Libri e giornali dedicano ogni anno volumi e pagine per rievocare la Shoah ( lo sterminio del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale.)
Il Corriere della Sera, da ieri, 26 gennaio, ha messo in vendita il libro di Frediano Sessi che racconta il dramma di Arturo e dei suoi familiari, condannati senza possibilità di riscatto per una colpa di cui non hanno responsabilità: essere nati ebrei.
Arturo ha nove anni e frequenta la quarta elementare: non ha nessuna cognizione e non coglie significato dalla parola «ebreo». In Italia si era nell'anno 1938, in un Paese ormai ubriaco di propaganda fascista ed inebriato da illusioni di grandezza.
Il papà, la mamma, la sorella, tutti battezzati cattolici da tempo, per «vivere tranquilli» e confondersi nel grande e prestigioso mare dell’italianità pura.
Arturo Finzi non sa cosa significhi essere ebreo. Ma un giorno di primavera il maestro gli fa sapere che per «quelli come lui» la pacchia è finita: il ragazzo dovrà d’ora in poi sedersi nel banco dei puniti, in silenzio, e nessuno in classe potrà più rivolgergli la parola: perché lui è un nemico della patria.
Ultima fermata Auschwitz di Frediano Sessi, è un libro scritto in prima persona, in forma di diario, con il tono semplice, diretto ed efficace come potrebbe essere quello di un ragazzino che scopre prima del tempo la realtà, la crudeltà della storia che a tratti penetra nell’esistenza quotidiana volgendo in tragedia una vita fin lì serena e spensierata.
Arturo, segregato ancor prima che le leggi razziali facessero la loro comparsa ufficiale (l’annuncio dei provvedimenti arriverà alla fine dell’estate) nello spazio di un mattino si vede crollare addosso una presunta diversità di genere umano: suo padre, un fascista della prima ora («ho la tessera del fascio dal 1922», spiega la sera al figlio in lacrime) provò a cancellare l’umiliazione del figliolo imponendo la sua autorità al direttore della scuola, facendo presente la particolare situazione familiare, tutti fascisti e tutti battezzati cattolici, da «veri italiani».
Non ci fu nulla da fare; la realtà genetica secondo l’interpretazione nazi-fascista sancisce che non ha alcuna validità l'avere abbandonato la religione dei Padri.
Il diario riporta i passaggi attraversati in quegli anni terribili da migliaia di italiani «non di razza ariana». Seppure cittadini fino ad allora inseriti nella vita nazionale, presenti in tutti mestieri, dai più umili ai più prestigiosi, artisti e letterati, medici e avvocati, insegnanti e impiegati, furono tutti spogliati gradualmente dei loro diritti, delle loro proprietà, della loro identità.
L’estraniamento degli ebrei dalla vita nazionale non incontrò ostacolo alcuno, proseguì fino all’inevitabile conseguenza, quando le sorti della guerra trasformeranno l'Italia esecutrice della volontà e degli slogan del nazifascismo: gli ebrei, non tutti riusciranno a salvare la loro vita.
Si arrivò al punto di denunciare una famiglia per denaro, per «farsi belli» con i tedeschi e comportare per le vittime deportazioni, lutti e dolore, ad opera di italiani delatori per denaro.
Ad Arturo Finzi e alla sua famiglia che speravano di «essere come tutti gli altri» toccò un’esperienza tragica, un destino senza vie d’uscita nel vortice della malvagità che a tratti sembrò oscurare senza rimedio la storia.
Molti italiani sacrificarono la loro vita pur di aiutare esseri umani che non avevano mai visto e conosciuti prima, che erano perseguitati soltanto perché nati ebrei. Tuttavia per i Finzi non ci fu riscatto. Per loro l’ultima fermata fu ad Auschwitz, il simbolo più potente del pozzo nero che l’umanità porta in sé, spesso senza nemmeno rendersene conto.

Il “GIORNO DELLA MEMORIA” che viene celebrato ogni 27 gennaio, serve proprio a non dimenticare le sofferenze di allora, per saper scegliere di evitare nuove sofferenze oggi, ad altri popoli e ad altre persone, in qualsiasi parte del mondo.


mercoledì 25 gennaio 2023

 LA LETTERA DI LA PIRA

I tempi,  le circostanze,la scala dei problemi non sono minimamente paragonabili, tuttavia una lettura da parte dei nostri amministratori locali della lettera (1954) di Giorgio La Pira(sindaco) ad Amintore Fanfani (ministro degli interni) non può che fare bene e stimolare una riflessione                           

 
Carissimo Amintore,
è mezzanotte, non prendo sonno, e sento la necessità di rispondere subito a qualche punto essenziale della tua lettera odierna.
Anzitutto: vedi caro Amintore; io non sono un "sindaco"; come non sono stato un "deputato" o un "sottosegretario": non ho mai voluto essere né sindaco, né deputato, né sottosegretario, né ministro (ricordi l'offerta di De Gasperi?).
Quanto al "sindaco" mi pare che il mio telegramma di una quindicina di giorni fa parla chiaro.
E la ragione di tutto questo è così chiara: la mia vocazione è una sola, strutturale direi: pur con tutte le deficienze e le indegnità che si vuole, io sono, per la grazia del Signore, un testimone dell'Evangelo... mi sarete testimoni (eritis mihi testes) mia vocazione. la sola. è tutta qui!
Sotto questa luce va considerata la mia "strana" attività politica: non bisogna dimenticare che durante i tempi più acuti e dolorosi del fascismo è stata questa mia vocazione di "testimonianza a Cristo" a mettermi in prima linea nella trincea del più aspro combattimento.
E se poi, necessariamente, i cattolici italiani mi misero in prima linea nella vita politica -costringendomi!- quella vocazione di testimonianza fu, almeno come ideale, la sola stella della mia azione. Veniamo ora al "sindacato": figurati, se io posso rinunziare alla verità ed alla giustizia per servire alla lettera della legge: e poi: quale legge?
Guardare senza operare alle iniquità che si nascondono sotto i velami della legge? Summum jus summa iniuria dicevano i romani; e S. Tommaso: non est lex sed corruptio legis: non è legge ma corruzione della legge! Osservare duemila sfrattati senza intervenire in qualsivoglia modo? Quali iniquità: leggi che hanno un solo destinatario: il disgraziato, il povero, il debole; per caricare su di lui altri pesi ed altre oppressioni (legge sfratti, fatta alla insegna D.C.)!
Osservare novemila disoccupati senza intervenire in qualsivoglia modo? Senza stimolare, per vie diritte e per vie storte, un governo apatico, quasi ignaro del dramma quotidiano del pane di novemila disoccupati? Non c'è danari: quale formula ipocrita e falsa: non c'è danari per i poveri la formula completa e vera! Siamo un paese povero: altra formula ipocrita: siamo un paese povero pei poveri, è la formula vera!
Osservare duemila licenziamenti in atto (e 2000 in potenza) consolandomi con le esigenze della "congiuntura economica" e del non dar "esca ai comunisti"?
lo resto stordito quando penso queste cose! Ma come: duemila licenziamenti illegittimi. nulli giuridicamente: una azienda grandissima e famosa illegittimamente chiusa; un colossale arbitrio economico, giuridico, politico, sociale: si grida, si dà l'allarme, si dice che qui la nequizia ha raggiunto il limite dell'intollerabile; che Dio stesso prenderà vendetta di questa iniquità senza nome; ed ecco che un "sindaco" che si preoccupa di queste cose -e di che cosa deve preoccuparsi, solo delle fanfare!- deve vivere (come io vivo da qualche mese) ai margini della legge, denunciato per reati, preparato a varcare (e non retoricamente) la soglia delle carceri.
Ti parrà inverosimile: ma io proprio oggi dicevo alla mia segreteria - se dovesse capitarmi qualcosa (fermo, arresto, etc.) fate così e così! E non lo dicevo per ischerzo, ma con l'amarezza nel cuore. Solo mi dava consolazione quel Salmo che Gregorio VII fece scrivere sulla sua tomba a Salerno (in esilio): " dilexi justitiam, odivi iniquitatem, propterea morior in exilio".
Quando ci ripenso resto davvero stordito: è possibile tutto questo? Sogno o realtà? Realtà; in questo nostro paese, dopo 10 anni di "regno" politico all'insegna D.C. siamo al punto di dovere temere (almeno per me) le stesse iniquità che si temevano al tempo del fascismo. Fra i potenti ed i deboli la scelta è pei potenti: fra i pochissimi industriali (una ventina) ed i milioni di lavoratori, la scelta è pei pochissimi industriali; venti uomini ricchi, forse corrotti, comunque corruttori (perché hanno in mano la stampa e se ne servono pei fini di più manifesta ingiustizia) comandano al governo, al Parlamento, al Paese; e riescono sino al punto di incrinare, in qualche modo, una amicizia da Dio stesso misteriosamente saldata!
Potenza davvero demoniaca: solo la parola del Signore pei ricchi e per mammona dà luce a questo mistero di iniquità e di potenza. Pecuniae omnia deserviunt!
Quindi caro Amintore: non dirmi: tu sei sindaco etc.: lo non sono "sindaco". Tu sai che ho messo nelle mani del governo il mandato; non voglio esserlo, se esserlo significa dire nero al bianco e bianco al nero. Non dire che bisogna essere prudenti etc.: c'è un momento nella vita in cui gridare è il solo dovere: come S. Giovanni nel deserto!
Temere di che? Quando l'umiliazione e l'offesa dei deboli perviene sino al grado al quale è qui pervenuta non resta che lo sdegno, ardito, generoso, fiero per tutelare la personalità umana: del debole così offesa e così sprezzata! Mihi fecistis. Il Vangelo ha pagine di incomparabile grandezza in proposito: perché alle beatitudini fanno riscontro le dolorose invettive: vae vobis (guai a voi!)
In queste condizioni, vedi, non conviene avere un "sindaco" ribelle come io sono: è per questo che io non ho voluto essere mai membro tesserato del partito: per questo non vorrei mai più essere impegnato in "responsabilità" ufficiali: la mia vocazione è una sola, strutturale, non rinunziabile, non modificabile, che non può essere tradita: essere testimone di Cristo, per povero e infedele che io sia!
Queste cose tu le puoi dire a chi è necessario ed utile che le sappia: mi possono arrestare: ma non tradirò mai i poveri, gli indifesi, gli oppressi: non aggiungerò al disprezzo con cui sono trattati dai potenti l'oblio od il disinteresse dei cristiani.
Ecco perché fraternamente ti dico: mandatemi via; è meglio per tutti.
Ormai la mia situazione è ufficialmente "spezzata", senza recupero; mi sento libero, senza freni della "prudenza" politica: in queste condizioni è meglio per tutti che avvenga una chiarificazione ed una liberazione!
Amintore caro, mi sono spiegato? Tu come ministro dell'Interno non mi incuti nessuna paura, e non mi susciti neanche (perdona) speciale rispetto: "l'autorità" appare ai miei occhi solo come tutrice dell'oppresso contro il potente.
Se ti voglio bene, e molto, se ti sono fedele, e molto, ciò è per una sola ragione: perché so che Dio ha posto nel tuo animo una intelligenza e una volontà fatti per instaurare nel mondo un "colloquio coi poveri ".
Ogni tanto tu ti ricordi di essere anche ministro degli Interni: ma allora -proprio allora- io mi sento staccato: riprendo la mia libertà totale la mia "permanente franchigia" di uomo che non ha mai chiesto di essere dove è e mi sento libero, "anarchico", a Dio solo soggetto!
Sindaco? Neanche per idea! Prefetti, ministri, etc? Non contano nulla se la loro posizione contrasta con gli ideali pei quali soltanto posso spendere la mia energia e la mia interiorità!
Caro Amintore, se non c'eri tu in questo governo, la vertenza Pignone avrebbe avuto ampiezze ben più vaste di quelle che essa ha già assunte: lo dico a tutti: il mio punto di debolezza è Fanfani!
Concludiamo: non temere: a Firenze non avverrà nulla di spiacevole per te e per me: è solo necessario che il Prefetto non si preoccupi della cosa: che non ci pensi. lo mantengo i contatti essenziali: la Magistratura ha senso di responsabilità; sa che il caso di Firenze è unico e va coi piedi di piombo; e il tempo è a nostro vantaggio.
Tu devi fare questo, io credo: chiudere in una stanza scura, se necessario, Di Vittorio, Pastore e Costa affinché pervengano ad una decisione di questa iniqua e dolorosa vertenza: altra via non c'è: e intanto provvedere alla ripresa del lavoro che per colpa dell'azienda è stato allentato e quasi "sospeso" sin dallo scorso marzo!
Perdonami per questo sfogo così vivo e così sincero: ma non avrei ripreso sonno se non ti avessi scritto: se non ti avessi detto che la mia vocazione non è quella di sindaco o di deputato o di altro: è una vocazione di testimonianza semplice e rude, dove è necessario, che, perciò, la legge scritta vale, ai miei occhi, solo se essa non è strumento di oppressione e di fame!
E queste cose che ti scrivo sono anche un documento dell' affetto grande che a te mi unisce: tanto più grande quanto più libero: perché esso non ostacola -e lo hai provato in queste circostanze- quella mia totale libertà di "movimento" che è l'unica ricchezza che io possiedo, l'unica gioia che io godo, l'unica potenza di cui io dispongo!
La libertà che Cristo mi ha donato. E su questa libertà si radica il dolce e confortevole canto di Maria: Magnificat anima mea Dominum!
Con fraterno affetto
La Pira


lunedì 23 gennaio 2023

 SUCCCEDE

Così, in una lettera sul giornale in cui scrive (Il Corrieredella Sera), Aldo Cazzullo replica ad un lettore che aveva evidenziato come a Castelvetrano ad una manifestazione sulla cattura del boss Messina Denaro, la cittadinanza ha risposto con solamente 24 presenti.

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"Non ho mai creduto alle generalizzazioni. Ci sono siciliani dagli occhi scuri come carbone e altri dagli occhi cerulei, come gli antenati arabi e normanni da cui discendono. Allo stesso modo, ci sono piemontesi estroversi e spiritosi e altri chiusi che prendono tutto sul serio, e pure piemontesi in cui convivono entrambe le nature a seconda dell’umore e delle circostanze. Ciò premesso, qualsiasi discorso pubblico sul Sud è diventato ormai impossibile. Anche solo citare le statistiche che purtroppo vedono il nostro Sud agli ultimi posti in Europa, dall’indice di lettura a quello di occupazione, è impossibile perché subito ti additano come nordista, razzista, antimeridionale. Ed è perfettamente inutile rispondere che si critica quel che si ama, che la premessa di qualsiasi cambiamento è riconoscere che occorre un cambiamento. 
Oltretutto pure in Sicilia ha attecchito il discorso neoborbonico, che non è folklore ma un potentissimo diversivo: la colpa dei mali del Sud è del Nord; quindi il Sud non ci può fare nulla. Lei mi dirà: un siciliano neoborbonico è un ossimoro, come ghiaccio bollente o deserto innevato; i siciliani furono sempre ribelli ai Borbone, la prima città italiana a insorgere nel fatidico 1848 fu Messina, domata a cannonate, non a caso Garibaldi sbarcò a Marsala e con mille volontari fece crollare un Regno plurisecolare; ma la razionalità non può nulla contro il sentimento.
Mettiamola così: la Sicilia è forse il posto più bello d’Italia, quindi del mondo; ha templi greci che neanche in Grecia, mosaici bizantini che neanche a Bisanzio, mari caldi da Pasqua a Natale; puntando su lavoro e legalità, ha un potenziale di sviluppo immenso. I 24 di Castelvetrano sono semi che fioriranno. Dipende solo da loro, quindi da noi; perché in Sicilia nessuno, arabo o normanno che sia, è un forestiero".


venerdì 20 gennaio 2023

 Bando "mangiaplastica", riaperti i termini per i Comuni


Sono riaperti i termini per il “Bando mangiaplastica” per contributi a fondo perduto, volti all'acquisto di eco-compattatori per favorire la raccolta da parte dei Comuni delle bottiglie di plastica.
Un bando che è stato aperto per le annualità 2021 e 2022, e che ora si apre per l'annualità 2023, e lo sarà nel prossimo anno per l'annualità 2024.Le domande potranno essere ripresentate:
per l’annualiutà 2023 dal 31 gennaioi 2023 al 31 marzo 2023
per l’annualità 2024   dal 31 gennaio 2024 al 31 marzo 2024

sabato 14 gennaio 2023

LO SPOPOLAMENTO DELLE AREE INTERNE
 
È soprattutto d'inverno che senti il paese vuoto. La piazza, le strade fredde, grigie, deserte.
Le stesse strade che un tempo brulicavano di vita e dove oggi restano tante case disabitate e vuote.
Quelle case un tempo abitate da persone che popolavano il piccolo paese e che adesso sono nell'altro mondo o  andate via in cerca di fortuna altrove, lasciandosi alle spalle un paese con sempre più meno persone e sempre più meno vita.
Lo spopolamento dei piccoli comuni è diventato purtroppo un triste fenomeno che lentamente sta "spegnendo" i piccoli centri.
Visto da fuori il piccolo paese sembra quasi un mondo a parte. Un ambiente  in cui tutti sono amici e vivono tranquilli.
Bei paesaggi  e niente ansie,  puoi respirare, distendere i nervi. Non come in frenetiche città.
Ma è proprio così?
Questa è una tranquillità che "uccide" direbbe più di qualcuno.
Gli unici che rimangono davvero nel paese sono gli anziani. Sono radicati nel paese, ci sono nati e cresciuti.La loro casa, il loro bar, la loro panchina..
Ma non dobbiamo pensare che gli over 70 non si accorgano della decadenza.
Anzi, la avvertono più di tutti perché loro sono forse gli unici "padroni" delle pietre , delle piazze e delle strade ormai silenziose.
I giovani invece fanno le valigie e vanno via per mancanza di lavoro e di opportunità e costruiscono le loro famiglie altrove.
Il tempo per frenare il fenomeno dello svuotamento dei paesi forse  è già passato.
I fondi del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) rischiano di essere solo una sorta di "make up" per il solo recupero di piazze, strade e antichi palazzi senza una visione di sviluppo più concreta e più ampia che guardi anche alle politiche del lavoro e ai servizi, essenziali per contrastare efficacemente il fenomeno dello spopolamento
Nonostante nel 2014 sia nato lo SNAI (Strategia Nazionale per le Aree Interne) non si sono visti programmi e interventi efficaci per fermare il declino; si finanziano opere spesso inutili senza preoccuparsi di intercettare i bisogni veri del territorio. Basta scorrere i numeri dell'ISTAT, guardando i principali indicatori, per accorgersi di come, anche quando delle misure siano state adottate, non abbiano sortito alcun effetto significativo.
Peraltro, gli studi in proposito dello SNAI hanno riguardato tre settori ritenuti critici: la sanità, l'istruzione e la mobilità.
Se tanto mi da tanto, proprio su questi tre importanti aspetti della vita pubblica e del pressante interesse dei cittadini, i passi in avanti sono stati inconsistenti; semmai, a onore del vero, possiamo parlare di passi indietro; perchè i servizi sono sempre più scadenti.
Alcune misure andrebbero prese molto velocemente. Per le aree interne,credo, sarebbe importante trasformare le farmacie esistenti in Farmacie di servizi per le loro comunità ,  a cui i cittadini potranno rivolgersi per tutta una serie di servizi aggiuntivi come le prestazioni  analitiche di prima istanza, come i servizi  erogabili con dispositivi strumentali, prenotazione unica, pagamento dei ticket, ritiro dei referti  nonchè per servizi di assistenza alle fasce più fragili della popolazione, anche domiciliare.( gli anziani e coloro che hanno difficoltà di movimento stanno vivendo,più degli altri, sulla loro pelle le disfunzioni di un sistema sanitario in disfacimento)
La seconda misura dovrebbe riguardare l'accorpamento dei Comuni . Non è certo una panacea per tutti i mali, perchè non è mettendosi insieme tra Comuni che si argina la desertificazione demografica, ma, quantomeno, i servizi presenti sul territorio potrebbero essere gestiti meglio, con minori costi e più efficacia.
Ma più di ogni altra cosa serve implementare una nuova economia,  incentivando fortemente le imprese ad investire nei piccoli comuni delle aree interne per promuovere occupazione con progetti di sviluppo rispettosi dell'ambiente e delle specificità de territorio. 
I modesti contributi erogati oggi ai Comuni per contrastare il fenomeno dello spopolamento sono i classici pannicelli caldi.
Volendo,poi, analizzare, sia pure molto sommariamente, il fenomeno dello spopolamento del nostro Comune non possiamo non dirci che se è vero che lo spopolamento dei comuni delle aree interne è un processo storico  e nazionale, è altrettanto vero che la politica a Pontelatone ce l'abbia messa tutta ad aiutare tale andamento.
Sinteticamente, i principali "errori":
1) Non aver fatto, come il vicino comune di Formicola,alla fine degli anni "60, così come prescriveva la legge n.765/67 (legge Ponte), un adeguato piano di fabbricazione. Ciò, non ha consentito,negli anni successivi, alla frazione Treglia di mettere a frutto nell' edilizia  le cospicue rimesse degli emigrati, i quali, una volta rimpatriati,
nella impossibilita' di edificare per mancanza di aree, hanno acquistato casa in altri comuni e/o si sono trasferiti con le famiglie nei centri vicini.
2) Aver, l' Amministrazione dell'epoca, " contrastato" la lottizzazione del terreno di Santa Maria la Corte, al tempo, di proprietà della Parrocchia.
3) aver sacrificato agli interessi privati  che ruotavano attorno a Cervarecce (Napoli Golf)il piano regolatore approvato dal Consiglio Comunale nel 1984 (*) con la conseguenza del definitivo declino della frazione e la desertificazione del centro di Pontelatone
4) Aver revocato a beneficio di un privato il   Piano di Insediamento Produttivo in località Madama (peraltro già finanziato con un 1.900.000 euro) ,che se ben gestito avrebbe generato molti posti di lavoro.
 
 
 
(*) lasciatemi dire che sono preso da grande amarezza ogni volta che  penso a quel piano, di cui mi considero il"padre" per averlo per anni inseguito e fortemente voluto, contro i tentennamenti altrui, e che mi costò inimicizie e musi lunghi. 
Le ferite della politica, quando si fa con passione, dedizione e senza interessi da difendere, sono più profonde e difficili da guarire.

LA LETTERA SCRITTA DAI DOCENTI DEL LICEO ARTISTICO RUSSOLI DI PISA: “Siamo docenti del Liceo artistico Russoli di Pisa e oggi siamo rimasti...