lunedì 14 aprile 2014


PARITA' DI GENERE
La scorsa settimana il Consiglio Comunale di Pontelatone ha discusso la proposta di modifica dello Statuto Comunale, come peraltro imposto dalle legge 215 del 23 novembre 2012, relativa alla presenza delle donne in Giunta presentata dai consiglieri di minoranza. L'argomento è stato rinviato(vedi delibera all'albo pretorio on line del Comune).
Quando si tratta di legiferare in Parlamento o deliberare a livello locale per i diritti delle donne c'è sempre motivo per rinviare, per dire che il problema è un altro.
Sull'argomento può essere utile leggere l'articolo di Francesca Izzo, pubblicato lo scorso mese di Marzo dall'Unità. 

Altro che quote rosa, è democrazia paritaria di Francesca Izzo(1)


francesca izzo 18 marzo 2014

È accaduto con la parola Femminicidio al principio c’era una resistenza fortissima ad usarla perché brutta e urticante, ma poi l’ha spuntata perché è l’unico termine appropriato per denotare l’uccisione di una donna solo perché è donna. Quando con una grande campagna di informazione si è chiarito che mariti, fidanzati, conoscenti le uccidono perché, aspettandosi acquiescenza e subordinazione, non riescono invece a tollerare la loro libertà e il loro rifiuto, allora il termine è diventato di uso corrente.
Ecco ora siamo alle prese con un’analoga situazione, forse ancora più difficile. L’espressione che deve entrare nell’uso comune è «democrazia paritaria» ma deve combattere per affermarsi contro quella semplice e diffusa di «quote rosa». In questi giorni di quote rose se ne è scritto e detto a destra e manca per raccontare dell’iniziativa di un consistente numero di deputate di inserire nella nuova legge elettorale il principio della parità. Chi si è dichiarato a favore chi contro, ma tranne pochissime eccezioni, tutti a parlare di quote rosa.
Appena qualche giorno fa, ad esempio, Gian Antonio Stella ne ha sostenuto la necessaria e temporanea introduzione per vincere uno storico gap. Invece una platea vasta, arringata a sorpresa ieri sera a Che tempo che fa da una Luciana Littizzetto anti-quote, è duramente contraria perché respinge le tutele, vuole il merito e non i recinti protetti. Soprattutto le giovani donne si mostrano ostili: hanno misurato a scuola, negli studi, nei concorsi il loro valore e sanno di poter competere alla pari con i loro coetanei e quindi non vogliono essere ricacciate nel ghetto degli svantaggiati, di quote infatti si parla per chi ha degli handicap, per le minoranze …
Hanno pienamente ragione: le donne non sono una minoranza e per giunta oggi le giovani donne sono forti, preparate e competitive, altro che svantaggiate. E allora? Il fatto è che le parole sono le cose e usare la parola quota per indicare qualcosa di diverso produce terribili fraintendimenti.
Democrazia paritaria è l’espressione adeguata. Adeguata ad indicare che la rap- presentanza del popolo (quella che con il voto eleggiamo in Parlamento), per essere democratica e non «oligarchica», deve dare «rappresentazione» del dato basilare che il popolo è fatto per metà da uomini e per metà da donne e che quindi la composizione parlamentare deve essere paritaria. I criteri con i quali vengono scelti i rappresentanti, cioè i famosi merito, qualità e competenza dei candidati riguardano in egual misura sia gli uomini che le donne e prescindono dalla regola paritaria, a meno che non si pensi che merito, qualità e competenza abbondino tra gli uomini e scarseggino tanto drammaticamente tra le donne da dover ricorrere a sciocche incompetenti per rispettarla.
La democrazia paritaria non configura alcuna concessione, alcun regalo o tutela, è la semplice presa d’atto (frutto però di un’epocale rivoluzione culturale e politica) che il popolo sovrano è fatto di uomini e donne e non è una nozione neutra, indistinta. È stata quella nozione neutra a consentire, anche nella storia repubblicana, di considerare «normale» che la rappresentanza fosse monopolizzata dagli uomini e che la presenza delle donne fosse un’anomalia, un’eccezione da giustificare con meriti altrettanto eccezionali. Questa visione, diffusa ancora oggi, è l’eredità di un lungo passato che non vuole passare, nel quale la politica era per definizione cosa esclusivamente di uomini e alle donne era vietato, proibito di occuparsene e qualcuna, per sfidare il divieto, ci ha rimesso pure la testa.
La democrazia paritaria è il compimento della democrazia, perché porta a compimento l’inclusione delle donne nella polis. E fa anche un’altra cosa non meno rilevante: sottrae all’arbitrio o alla «generosità» degli uomini che ne detengono le chiavi una parte del potere di decidere, rendendo più libere le donne.
Non si chiedono meriti o medaglie speciali alle donne per entrare nella cittadella della rappresentanza, né ci aspettiamo azioni miracolistiche dalla loro presenza. Ma credo sia chiaro a tutti che una rappresentanza popolare composta per metà da donne, cambiamenti nella concezione e nella concreta azione politica li produce e sicuramente in meglio, vista la crisi drammatica di credibilità e di fiducia delle istituzioni rappresentative.




(1)Nata a Formicola (Caserta, Campania) il 10 luglio 1948  
laurea in lettere e filosofia;docente universitario,ricercatore di scienze orientali



1 commento:

Anonimo ha detto...

L'opposizione vive sulla luna. Vuole parlare di diritti delle donne e di democrazia con un'amministrazione borbonica.

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