PARITA' DI GENERE
La scorsa settimana il Consiglio Comunale di Pontelatone ha discusso la proposta di modifica dello Statuto Comunale, come peraltro imposto dalle legge 215 del 23 novembre 2012, relativa alla presenza delle donne in Giunta presentata dai consiglieri di minoranza. L'argomento è stato rinviato(vedi delibera all'albo pretorio on line del Comune).
Quando si tratta di legiferare in Parlamento o deliberare a livello locale per i diritti delle donne c'è sempre motivo per rinviare, per dire che il problema è un altro.
Sull'argomento può essere utile leggere l'articolo di Francesca Izzo, pubblicato lo scorso mese di Marzo dall'Unità.
Altro che quote rosa, è democrazia paritaria di Francesca Izzo(1)
18 marzo 2014
(1)Nata a Formicola (Caserta, Campania) il 10 luglio 1948
laurea in lettere e filosofia;docente universitario,ricercatore di scienze orientali
È accaduto con la parola Femminicidio al principio
c’era una resistenza fortissima ad usarla perché brutta e urticante, ma
poi l’ha spuntata perché è l’unico termine appropriato per denotare
l’uccisione di una donna solo perché è donna. Quando con una grande
campagna di informazione si è chiarito che mariti, fidanzati,
conoscenti le uccidono perché, aspettandosi acquiescenza e
subordinazione, non riescono invece a tollerare la loro libertà e il
loro rifiuto, allora il termine è diventato di uso corrente.
Ecco ora siamo alle prese con un’analoga situazione, forse ancora più
difficile. L’espressione che deve entrare nell’uso comune è «democrazia paritaria»
ma deve combattere per affermarsi contro quella semplice e diffusa di
«quote rosa». In questi giorni di quote rose se ne è scritto e detto a
destra e manca per raccontare dell’iniziativa di un consistente numero
di deputate di inserire nella nuova legge elettorale il principio della
parità. Chi si è dichiarato a favore chi contro, ma tranne pochissime
eccezioni, tutti a parlare di quote rosa.
Appena qualche giorno fa, ad esempio, Gian Antonio Stella ne ha
sostenuto la necessaria e temporanea introduzione per vincere uno
storico gap. Invece una platea vasta, arringata a sorpresa ieri sera a
Che tempo che fa da una Luciana Littizzetto anti-quote, è duramente
contraria perché respinge le tutele, vuole il merito e non i recinti
protetti. Soprattutto le giovani donne si mostrano ostili: hanno
misurato a scuola, negli studi, nei concorsi il loro valore e sanno di
poter competere alla pari con i loro coetanei e quindi non vogliono
essere ricacciate nel ghetto degli svantaggiati, di quote infatti si
parla per chi ha degli handicap, per le minoranze …
Hanno pienamente ragione: le donne non sono una minoranza e
per giunta oggi le giovani donne sono forti, preparate e competitive,
altro che svantaggiate. E allora? Il fatto è che le parole
sono le cose e usare la parola quota per indicare qualcosa di diverso
produce terribili fraintendimenti.
Democrazia paritaria è l’espressione adeguata.
Adeguata ad indicare che la rap- presentanza del popolo (quella che con
il voto eleggiamo in Parlamento), per essere democratica e non
«oligarchica», deve dare «rappresentazione» del dato basilare che il
popolo è fatto per metà da uomini e per metà da donne e che quindi la
composizione parlamentare deve essere paritaria. I criteri con i quali
vengono scelti i rappresentanti, cioè i famosi merito, qualità e
competenza dei candidati riguardano in egual misura sia gli uomini che
le donne e prescindono dalla regola paritaria, a meno che non si pensi
che merito, qualità e competenza abbondino tra gli uomini e scarseggino
tanto drammaticamente tra le donne da dover ricorrere a sciocche
incompetenti per rispettarla.
La democrazia paritaria non configura alcuna concessione, alcun
regalo o tutela, è la semplice presa d’atto (frutto però di un’epocale
rivoluzione culturale e politica) che il popolo sovrano è fatto di
uomini e donne e non è una nozione neutra, indistinta. È stata quella
nozione neutra a consentire, anche nella storia repubblicana, di
considerare «normale» che la rappresentanza fosse monopolizzata dagli
uomini e che la presenza delle donne fosse un’anomalia, un’eccezione da
giustificare con meriti altrettanto eccezionali. Questa visione, diffusa
ancora oggi, è l’eredità di un lungo passato che non vuole passare,
nel quale la politica era per definizione cosa esclusivamente di uomini e
alle donne era vietato, proibito di occuparsene e qualcuna, per sfidare
il divieto, ci ha rimesso pure la testa.
La democrazia paritaria è il compimento della democrazia, perché
porta a compimento l’inclusione delle donne nella polis. E fa anche
un’altra cosa non meno rilevante: sottrae all’arbitrio o alla
«generosità» degli uomini che ne detengono le chiavi una parte del
potere di decidere, rendendo più libere le donne.
Non si chiedono meriti o medaglie speciali alle donne per entrare
nella cittadella della rappresentanza, né ci aspettiamo azioni
miracolistiche dalla loro presenza. Ma credo sia chiaro a tutti che una
rappresentanza popolare composta per metà da donne, cambiamenti nella
concezione e nella concreta azione politica li produce e sicuramente in
meglio, vista la crisi drammatica di credibilità e di fiducia delle
istituzioni rappresentative.
(1)Nata a Formicola (Caserta, Campania) il 10 luglio 1948
laurea in lettere e filosofia;docente universitario,ricercatore di scienze orientali
1 commento:
L'opposizione vive sulla luna. Vuole parlare di diritti delle donne e di democrazia con un'amministrazione borbonica.
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