UNA TRAGEDIA ITALIANA
Vorremmo vedere davanti alle telecamere
il minor numero possibile di ministri affranti, impegnati a interpretare
un lutto puramente formale. Vorremmo vedere meno presidenti del
consiglio e ministri in quel tratto di ferrovia tra Andria e Corato.
Vorremmo, invece, vederli a un tavolo da lavoro impegnati ad affrontare
seriamente una questione che affligge questo Paese dall’unità e che a
volte esplode in drammi collettivi come quello di oggi: la Questione
Meridionale, dimenticata agli inizi degli anni Novanta perché faceva
piacere a Bossi e ai leghisti che ora corrono con faccia bronzea al Sud
per raccattare voti. Quei morti sono sicuramente il risultato di un
tragico errore. Ma sono ancor di più il risultato di una politica che
non ha dato mai risposte alle popolazioni meridionali, che si è voltata
dall’altra parte, che ha accettato di convivere col malaffare, la
corruzione e la criminalità organizzata, che ha considerato il
Mezzogiorno un luogo non da valorizzare ma da dimenticare e, semmai, da
scoprire solo nei mesi estivi, quelli dedicati alle vacanze. Il Sud
andava cancellato non “salvato” e sanato.
Quei due vagoni che nello scontro si sono quasi disintegrati non
facevano parte di treni di vacanzieri, non attraversavano le più
esotiche rotte costiere. Erano treni di poveri cristi. Da quelle parti
le persone vengono chiamate “cristiani”. Anche per questo Carlo Levi
intitolò il suo più bel libro “Cristo si è fermato a Eboli”. Nell’uso
improprio di quel sostantivo c’è in qualche maniera un richiamo alla
spiritualità, all’anima, all’essenza morale e culturale: siamo persone
non solo perché siamo fatti di carne e di ossa ma perché dentro abbiamo
dell’altro. E parte di quello che abbiamo dentro lo abbiamo perduto su
quel binario maledetto. Chi scrive è nato in Puglia, cresciuto in
Puglia, lavorato per un po’ di tempo in Puglia e sono decenni che lì si
combatte con un sistema ferroviario arretrato, con i binari unici che
negli ultimi cinquant’anni hanno faticato tremendamente a diventare
doppi.
Da cronista, a chi scrive, spesso è
capitato in tempi ormai lontani di raccontare piccole tragedie tutte
legate all’arretratezza di un sistema che è un insulto per l’Italia, non
per i pugliesi che lo subiscono. E un atto d’accusa nei confronti di
chi in tutti questi anni, mentre la Germania a tempo di record sanava il
dualismo tra Est e Ovest, ha assistito inerte all’ampliamento di un
divario che solo negli anni Settanta è stato parzialmente (ma nemmeno
allora sufficientemente) colmato. Un divario che nelle infrastrutture è
stato solo superficialmente intaccato.
Banca d’Italia ci ha comunicato che il Sud nel 2015 ha avuto un aumento
del Pil superiore a quello del Nord-Est e del Centro, pari a quello del
Nord-Ovest. Ma questi sono percentuali. Poi, però, basta salire su un
treno per rendersi conto di quanto il resto d’Italia sia lontano da
Brindisi o da Taranto, da Mesagne o da Manduria. Ora piangiamo i
“cristiani” morti su quel binario, trafitti da vetri e lamiere come le
carni di Cristo in croce lo furono con i chiodi. Ma passato il lutto,
resterà un solo modo per onorarli degnamente: fare in modo che Cristo
riesca finalmente ad andare oltre Eboli, semmai su linee ferroviarie a
doppio binario.
Antonio Maglie
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