lunedì 19 novembre 2012



                                         
                                                    '68 O PEGGIO?

Nei giorni scorsi un’ondata di manifestazioni studentesche, con scontri nelle piazze tra cariche della polizia e lanci di fumogeni, ha percorso l’Italia e temo che ce ne saranno molte altre che metteranno a dura prova l’ordine pubblico. Queste manifestazioni sono assimilabili a quelle del ‘68?.
Io che il clima del ‘68 l’ho vissuto(nel marzo del 1968 giovane vincitore di concorso in un Ente pubblico sbarcai a Torino, città in cui le proteste degli studenti e dei lavoratori più si fecero sentire) penso di non sbagliare se dico  che le manifestazioni di oggi, pur avendo caratteristiche simili, non sono un nuovo ‘68.
Il ‘68, pur con i suoi risvolti negativi,  fu un movimento che segnò radicali cambiamenti nel costume, dalla musica al cinema all’abbigliamento, nei rapporti sociali e diede un contributo significativo per la conquista di diritti  civili e in campo economico, di cui tutti quanti abbiamo potuto godere nei successivi decenni. Sono il frutto del ’68, solo per fare qualche esempio, lo Statuto dei lavoratori,  la legge sull'equo canone, la riforma delle pensioni in senso retributivo,la libertà di divorzio, la chiusura dei manicomi, la giusta conquista da parte delle donne di un par condicio, processo non ancora compito.
Il ’68 giunse , però, dopo un ventennio di grande sviluppo economico.
 Le manifestazioni di questi giorni si innestano, invece, in un periodo di profonda crisi, in un quadro più fosco e più incerto. Sono venuti al pettine alcuni nodi: la crescita economica è inibita dalla concorrenza delle economie emergenti (Cina, India,ecc.), lo stato sociale, gli anziani, i malati, sono diventati troppo numerosi rispetto alla capacità di sostenerli da parte dei giovani che lavorano effettivamente, i dati sulla disoccupazione giovanile sono impressionanti.. I giovani non lavorano, o non lavorano abbastanza, o non sono pagati a sufficienza. Lo stato sociale dovrà essere ridotto, e già si sa che i giovani di oggi godranno di pensioni da fame nel futuro. Problematico è diventata la formazione di una famiglia con figli. Si tratta di una generazione che gode di minori prospettive di sviluppo rispetto a quelle delle generazioni precedenti..
Non è un ’68 purtroppo, il quadro è molto più difficile.
Per cui se il quadro è questo, la risposta non può arrivare con le manganellate. Una politica lungimirante dovrebbe sì condannare  gli eccessi,  ma dovrebbe altresì  cercare  di comprendere le ragioni della pancia, della mente e del cuore di questi giovani preoccupati del loro futuro.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ormai i giovani non hanno più fiducia nella politica. Anzi, diciamolo francamente, sono mosche rare quelli che ancora ci credono. Ormai siamo asserviti alle banche e alle logiche finanziarie. L'economia che diventa il fine del benessere e non il mezzo. Si salvi chi può. Domani sarà ancora peggio.

Amedeo Izzo ha detto...

Le promesse non mantenute, gli scandali, la rinuncia a credere negli ideali che hanno accompagnato le generazioni precedenti sono le ragioni della sfiducia dei giovani nella politica.
Da alcuni recenti sondaggi è emerso questo diffuso disinteresse alla vita politica: il 69% dei 1000 giovani intervistati ha un opinione negativa del mondo politico italiano e c’è una percentuale altissima di indifferenza, diffidenza, rabbia e addirittura noia quando si pensa alla politica e sono poco quelli intenti a seguirne le vicende.
E' necessario un cambiamento di rotta: un rinnovamento degli ideali, ma anche un rinnovamento generazionale.Ad esempio, traducendo la passione politica e sociale in una partecipazione effettiva dei giovani già a livello locale.Perché, fino al momento in cui i giovani non si sentiranno parte attiva e protagonisti a tutti gli effetti della vita politica, la situazione non cambierà.
E'necessario riscoprire il senso della collettività, non ci si salva da soli.

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