LADRI DI FUTURO
“Ladri e profeti di futuro mi hanno portato via parecchio, il
giorno è sempre un po' più oscuro, sarà forse perché è storia,
sarà forse perché invecchio...”, cantava quasi cinquant'anni
fa Francesco Guccini e ben rappresentava la progressiva cupezza che
cominciava a calare su questo paese, dopo la stagione della gioia e
della rivolta, dei diritti allargati, delle lotta democratiche, della
liberazione della società.
Guccini non sapeva se attribuire questa cupezza calante all’azione
dei “ladri di futuro”
o all’azione del tempo: invecchiare ti presenta sistematicamente la
vita sotto una prospettiva nuova. Finiva, allora, la stagione
pacifica, era cominciato il terrorismo, le manifestazioni di piazza
si facevano sempre più violente, le stragi di stato avevano già
lasciato una parte della loro scia di sangue e l’idea che si
andasse verso una nuova stagione, meno felice, era oramai opinione
comune.
Il contesto è davvero cambiato, siamo in un altra epoca e
ricercare analogie e similitudini è solo un esercizio che non serve.
Ma i ladri di futuro sono oggi all’opera più che mai: hanno preso
il sopravvento su ciò che rimane di quel senso collettivo, di quella
coscienza sociale che ha spinto tanti a scegliere una vita piuttosto
che un’altra, a essere diversi da quello che avrebbero potuto e,
magari, avrebbero voluto i loro genitori. E che ancora oggi hanno il
dubbio di aver sbagliato.
La
strofa successiva della canzone di Guccini così dice: “Ma le
strade sono piene di una rabbia che ogni giorno urla più forte, son
caduti i fiori e hanno lasciato solo simboli di morte"
Forse è il momento che il paese rimetta al loro posto quei fiori, magari impugnandoli per accarezzare chi sta peggio. Ai moderni simboli di morte – fabbriche che chiudono, giovani senza speranze, istituzioni che non funzionano più, rapporti umani deteriorati – possiamo sostituire la consapevolezza che cambiare si può e che occorre anche partire da noi. Per non essere uguali a quelle donne in politica che fanno come i maschi e ai trenta- quarantenni che erano già vecchi prima di diventare giovani, già profittatori prima di venire al mondo, ladri di futuro prima di conoscere la delicatezza della merce che trattano
Forse è il momento che il paese rimetta al loro posto quei fiori, magari impugnandoli per accarezzare chi sta peggio. Ai moderni simboli di morte – fabbriche che chiudono, giovani senza speranze, istituzioni che non funzionano più, rapporti umani deteriorati – possiamo sostituire la consapevolezza che cambiare si può e che occorre anche partire da noi. Per non essere uguali a quelle donne in politica che fanno come i maschi e ai trenta- quarantenni che erano già vecchi prima di diventare giovani, già profittatori prima di venire al mondo, ladri di futuro prima di conoscere la delicatezza della merce che trattano
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