giovedì 19 maggio 2016

NON E' REATO RUBARE PER FAME


Beccato in flagranza, per aver rubato in un supermercato dei würstel e un pezzo di formaggio del valore di 4 euro un giovane senza fissa dimora, era stato condannato il 12 febbraio del 2015 dalla Corte di Appello di Genova.
Con la sentenza numero 18248, i giudici della Quinta sezione penale della Cassazione hanno annullato quella condanna perché a loro avviso: “la condizione dell’imputato e le circostanze in cui è avvenuto l’impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità“.
Quando la legge non è solo regole  ma anche vicinanza umana.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questo è un caso estremo in cui l’aspetto umanitario è prevalso sulle regole della giustizia. D’altronde l’imputato poteva trovare un modo diverso per procurarsi il cibo; ci sono tanti che riescono a racimolare onestamente il minimo per vivere chiedendo l’elemosina, altri si inventano dei lavori occasionali, alcuni si rivolgono alla caritas e ai centri di accoglienza. Certi supermercati, alla fine della giornata, offrono dei prodotti non scaduti agli indigenti. Forse per un furto così irrisorio motivato dalla fame, il negozio poteva anche evitare di sporgere la denuncia. A parte questo episodio, che merita le dovute considerazioni, noi assistiamo inermi e indifesi a furti di derrate, denaro, macchine agricole, autovetture nelle nostre zone. Qui non è in ballo la sopravvivenza, siamo di fronte a farabutti che devono raggiungere facili guadagni e notevoli introiti con poco lavoro, sottraendo beni a persone che li hanno accumulati con impegno e sacrificio. E’ capitato che alcune macchine agricole bloccate con spranghe di ferro e lucchetti supermassicci in posizioni di precisione, siano state disincagliate e derubate durante la notte. Sicuramente ci sono delle bande organizzate di malviventi, senza coscienza e senza morale il cui unico scopo è l’appropriazione indebita dei beni altrui, che girano per scorgere e poi impossessarsi della refurtiva. Però non si capisce come possano conoscere dei luoghi riposti in cui sono custoditi determinati macchinari! Sorge spontanea l’ipotesi della complicità di persone informate dei fatti, che segnalano l’ubicazione dei dispositivi da prelevare. Se ciò è vero, con quale coraggio questi salutano i soggetti defraudati? Si devono vergognare abbassando lo sguardo. Ma se intendono rientrare tra gli uomini civili e onorevoli, devono lavarsi la coscienza, restituire il maltolto e vivere con le proprie risorse.
Pasquale Catone

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