BUNGABURLA (Massimo Gramellini)
Dunque
non era un reato, ma solo una gigantesca figura di m. Prima che,
sull’onda della sentenza di assoluzione, l’isteria superficiale dei
media trasformi il fu reprobo Silvio in un martire, ci si consenta
(direbbe lui) di ricordare che il bunga bunga potrà anche essere legale,
ma rimane politicamente incompatibile con un ruolo istituzionale quale
quello che il sant’uomo rivestiva all’epoca dei fatti.
Tocca ricorrere al solito esempio stucchevole, ma non c’è purtroppo
altro modo per fare intendere a certe crape giulive il nocciolo della
questione. Se il capo di qualsiasi governo occidentale, poniamo Obama,
avesse telefonato dalla Casa Bianca a un funzionario della polizia di
New York per informarlo che la giovane prostituta da lui fermata per
furto era la nipote del presidente messicano e andava subito consegnata a
Paris Hilton invece che ai servizi sociali – e si fosse poi scoperto
che Obama medesimo nella sua casa privata di Chicago si intratteneva in
dopocena eleganti con la medesima prostituta e una fitta schiera di
«obamine» – forse il presidente americano sarebbe stato costretto a
dimettersi l’indomani, ma più probabilmente la sera stessa. E allora
quell’erotomane di John Kennedy che si intratteneva con due donne al
giorno? Intanto è morto prima che lo si scoprisse, ma soprattutto agiva
con discrezione, appunto, presidenziale.
Non è moralismo. E’ la consapevolezza di
rappresentare un Paese senza mettersi nelle condizioni di sputtanarlo a
livello planetario. E’ senso dello Stato. Qualcosa che Berlusconi e i
suoi seguaci non comprenderanno mai.
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