Pontelatone e la Sconfitta dell’Intelligenza Civica
Nel cuore dell’entroterra casertano, in una terra che profuma di storia, fatica e vino, Pontelatone sembra
scivolare lungo uno spartito già tristemente noto: spopolamento, invecchiamento, marginalizzazione.

Un destino che accomuna tanti borghi italiani, dove il silenzio delle case vuote racconta più delle statistiche.
Ma oggi questa parabola non è più solo una percezione o un lamento condiviso: il nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027 (PSNAI) certifica ufficialmente ciò che molti già temevano. Non si promette più il rilancio, non si invoca più la rigenerazione.
Si parla, senza giri di parole, di “accompagnamento al declino”. Una formula glaciale che, per la prima volta in un testo istituzionale, rinuncia esplicitamente alla speranza.
Ma davvero la dignità può consistere in un accompagnamento verso la fine? Non è forse più dignitoso resistere, reinventarsi, trovare nuovi significati?
Nel 1961 Pontelatone contava 2.130 abitanti. Oggi sono poco più di 1.500. I bambini sotto i 15 anni rappresentano meno del 12% della popolazione. La scuola ha perso da tempo l'autonomia, l'età media della popolazione sale, i giovani partono. Il ciclo è noto: meno nascite, meno servizi, meno opportunità. Un’agonia lenta che si consuma nell’indifferenza..
Eppure, non tutto è perduto. Pontelatone non è un paese qualsiasi. La sua posizione strategica, la vicinanza a centri urbani importanti, il suo patrimonio paesaggistico, storico e archeologico rappresentano ancora leve potenziali per un futuro diverso.
Ma serve coesione e responsabilità, basta con le polemiche inutili che non servono a cambiare di una virgola la situazione.In questo momento non servono detrattori, non occorrono personalismi
Si parla, senza giri di parole, di “accompagnamento al declino”. Una formula glaciale che, per la prima volta in un testo istituzionale, rinuncia esplicitamente alla speranza.
Ma davvero la dignità può consistere in un accompagnamento verso la fine? Non è forse più dignitoso resistere, reinventarsi, trovare nuovi significati?
Nel 1961 Pontelatone contava 2.130 abitanti. Oggi sono poco più di 1.500. I bambini sotto i 15 anni rappresentano meno del 12% della popolazione. La scuola ha perso da tempo l'autonomia, l'età media della popolazione sale, i giovani partono. Il ciclo è noto: meno nascite, meno servizi, meno opportunità. Un’agonia lenta che si consuma nell’indifferenza..
Eppure, non tutto è perduto. Pontelatone non è un paese qualsiasi. La sua posizione strategica, la vicinanza a centri urbani importanti, il suo patrimonio paesaggistico, storico e archeologico rappresentano ancora leve potenziali per un futuro diverso.
Ma serve coesione e responsabilità, basta con le polemiche inutili che non servono a cambiare di una virgola la situazione.In questo momento non servono detrattori, non occorrono personalismi
Serve una politica che si interroga, che guarda oltre l’immediato, che sa dialogare con i cittadini e costruire alleanze con i comuni limitrofi.
Invece, quello che si osserva è una politica locale che si rifugia nella superficialità, nel gioco delle parti, in una continua alternanza di polemiche.
Chi prova ad aprire un confronto si trova solo, a parlare nel vuoto. E così, giorno dopo giorno, il vero dramma non è solo demografico, ma culturale: è la rinuncia al pensiero, alla responsabilità collettiva, al dissenso costruttivo. È la sconfitta dell’intelligenza civica.
Pontelatone non ha bisogno di assistenza al tramonto. Ha bisogno di coraggio, di orgoglio, di una comunità che torni a credere in se stessa. Perché la fine non è mai inevitabile. Ma senza una presa di coscienza collettiva, senza una politica che torni ad essere strumento di servizio e non solo teatro di egoismi e ambizioni personali, la profezia del declino rischia di compiersi davvero.
Ed è questo che non possiamo permettere.
Invece, quello che si osserva è una politica locale che si rifugia nella superficialità, nel gioco delle parti, in una continua alternanza di polemiche.
Chi prova ad aprire un confronto si trova solo, a parlare nel vuoto. E così, giorno dopo giorno, il vero dramma non è solo demografico, ma culturale: è la rinuncia al pensiero, alla responsabilità collettiva, al dissenso costruttivo. È la sconfitta dell’intelligenza civica.
Pontelatone non ha bisogno di assistenza al tramonto. Ha bisogno di coraggio, di orgoglio, di una comunità che torni a credere in se stessa. Perché la fine non è mai inevitabile. Ma senza una presa di coscienza collettiva, senza una politica che torni ad essere strumento di servizio e non solo teatro di egoismi e ambizioni personali, la profezia del declino rischia di compiersi davvero.
Ed è questo che non possiamo permettere.